COMUNICATO STAMPA: IL SINDACO CONTRO LO SVILUPPO DEL COMMERCIO MODERNO – ILLEGGITTIMO E SBAGLIATO IL BLOCCO DELLE NUOVE APERTURE

L’annunciato blocco delle grandi strutture di vendita da parte del Sindaco è  solo l’ennesimo bluff e un imbroglio nei confronti della città,  di tutte le imprese commerciali  e dei consumatori.

Il provvedimento è stato annunciato dal sindaco dopo l’incontro di ieri con Confcommercio e Confesercenti e le cui motivazioni sono evidentemente e solamente di carattere elettorale per il primo cittadino mentre per le due associazioni rappresentano l’estremo tentativo di recuperare consenso  in un settore che non rappresentano più, essendo ormai una netta minoranza. Il commercio moderno che produce ricchezza, servizi ai cittadini e fa occupazione a Roma e nel Lazio è rappresentato dalle organizzazioni distributive della cooperazione (Conad, Crai, Sigma, Coop) e da Federdistribuzione (Auchan Carrefour Pam altri) circa il 70% della quota di mercato.

Il Sindaco non può prendere decisioni mettendosi d’accordo con una piccola parte del commercio e contro tutti gli altri compreso grande parte dell’economia cittadina collegata allo sviluppo ed alle attività del commercio romano. Il provvedimento è non solo politicamente illegittimo ma se lo si analizza bene il blocco delle aperture compreso quelli già autorizzati, è irrealizzabile e impossibile da tutti i punti di vista e perciò solo frutto di demagogia scarsa conoscenza dei problemi delle imprese compreso i piccoli e della normativa nazionale e comunitaria.

Nel merito:

il sindaco secondo noi doveva portare a conclusione con le modifiche suggerite in sede di concertazione il piano commerciale presentato da Bordoni che conteneva in se gli strumenti e gli indirizzi necessari per uno sviluppo equilibrato del settore. Ciò non è stato fatto  in una escalation di posizioni cambiate continuamente. Si è arrivati di fatto a bloccarlo poiché è più facile con l’avvicinarsi della campagna elettorale annunciare blocchi improbabili nel tentativo di ingraziarsi qualche categoria piuttosto che far prevalere la cultura di governo disponendo strumenti di programmazione che rappresentano l’unica via per raggiungere gli obiettivi di uno  sviluppo equilibrato del sistema.

Chiunque conosce anche solo sommariamente le normative comunitarie, in particolare la Bolkenstein, e quelle  emanate anche di recente con i decreti sulle liberalizzazioni,  sa che non è più possibile bloccare  o contingentare lo sviluppo da parte dei comuni e altre istituzioni territoriali.  Pertanto chi propaganda che non saranno più possibili aperture di grandi o piccoli centri o parchi commerciali, sbaglia o non conosce il sistema normativo e propone politiche protettive che non portano a nessun risultato per le piccole e medie dimensioni, le esperienze di questi anni ce lo insegnano. Pertanto a legislazione vigente rimangono solo vincoli di natura  urbanistica, ambientale, di sicurezza e sanitari all’insediamento di una attività commerciale. Il Piano del commercio è strumento utile ed ancora attuale, necessario a mettere ordine alle attività commerciali per realizzare quel servizio al consumatore a cui tutti aspiriamo e per rendere le nostre attività un elemento di riqualificazione della città e volano del suo sviluppo e della sua qualità e attrattività dal punto di vista turistico.

I piccoli esercizi commerciali si sostengono con interventi e politiche adeguate e non contro altre imprese, l’innovazione e la specializzazione devono rappresentare i loro orizzonti.

 

La colpa per buona parte dell’arretratezza e della presenza della distribuzione straniera in Italia è da attribuire proprio alle politiche protezionistiche i cui attori principali sono stati i governi passati e le organizzazioni dei commercianti, che non hanno aiutato la crescita di grandi gruppi italiani.

Il sindaco deve spiegare con quali strumenti intende intervenire per impedire le aperture già previste e quelle in itinere frutto di ingenti investimenti e di grandi aspettative dal punto di vista imprenditoriale e occupazionale, forse con l’esercito? Deve spiegare alle imprese, ai consumatori, alla città su come intende risolvere il problema delle aree a destinazione commerciale in particolare nelle nuove zone di espansione previste dal PRG nonché il problema di qualche milione di mq. frutto dei condoni  e delle compensazioni, li cancelliamo per decreto? Modifichiamo il PRG ad uso e consumo di interessi personali e di parte?

Su  queste grandi questioni che investono il futuro della nostra città chiediamo serietà e competenza.

 

A Roma lo sviluppo del commercio è stato realizzato, in passato, sotto la spinta della rendita fondiaria e dei condoni edilizi fatti dai governi nazionali che hanno vanificato qualsiasi ipotesi di sviluppo ordinato, oggi in ogni caso si può dire che c’è un grande equilibrio fra tutte le forme distributive al di là delle fantasiose analisi propinate da alcune associazioni e questo è riportato anche da recenti ricerche di tutti i più importanti Istituti. Si è raggiunto nella città un equilibrio tra forme distributive che ha permesso lo sviluppo del piccolo e del grande, dell’outlet e dello specializzato più che in altre città. I dati sulle chiusure dei negozi e sui consumi e in generale sulle dinamiche del settore sono diffuse periodicamente ad uso e consumo di chi li diffonde e a sostegno di proposte senza prospettiva. Ultima quella sulla chiusura di oltre 1000 negozi nei primi quattro mesi del 2012. Lo ribadiamo andate a leggere i dati Nelsen sulla distribuzione, e vedrete che negli ultimi 10 anni  i saldi tra chiusure ed aperture dei negozi sono positivi in tutti i canali distributivi, il resto sono sciocchezze. Il rapporto fra mq. di grande superfici abitanti a Roma è 40 mq. ogni abitante mentre la media fra 12 città più grandi d’Italia è oltre il doppio.

 

A Roma non esiste, semmai, un posizionamento  equilibrato ed ordinato dei punti vendita nei vari quadranti del nostro territorio con grandi superfici più presenti in alcuni e del tutto assenti in altri ambiti della città.

Chiediamo quindi alle istituzioni di non rincorrere posizioni populiste, antistoriche e destinate alla sconfitta, ma di  dotarsi di strumenti per programmare lo sviluppo delle attività economiche nell’interesse della città nel rispetto di tutte le imprese e nel rispetto delle leggi.

 

L’urbanistica e l’uso corretto della risorsa territorio devono costituire il faro per la programmazione degli insediamenti commerciali. Dovrà essere il piano regolatore che dovrà individuare dove posizionare le medie e le grandi superfici e le regioni dovranno indicare il peso dei vincoli di cui tener conto (ambiente, traffico, salute ecc.). Questo è un modo moderno ed efficace di pianificare lo sviluppo del settore.

Inoltre è necessario favorire le ristrutturazioni e l’ammodernamento delle strutture in essere per renderle più adeguate al mercato.

Dotarsi di strumenti e normative di carattere urbanistico che prevedano forme di incentivi per favorire la ristrutturazione il trasferimento o la riconversione di grandi strutture di vendita progettate e realizzate in altri contesti e ciò deve essere secondo noi uno degli obiettivi principali del piano e delle politiche urbanistiche di Roma Capitale.

 

Gli obietti del piano del commercio sono giusti, non sprechiamo questa occasione per ragioni elettorali rincorrendo posizioni estreme e contraddittorie che vanno contro la libertà d’impresa il futuro della città e contro il diritto di scelta dei consumatori.

Nei prossimi anni e nel futuro secondo noi bisogna agire su alcuni obiettivi:

  1. riequilibrio territoriale delle forme distributive;
  2. riconversione e trasferimenti per ristrutturare la rete di vendita;
  3. sviluppo programmato in ambito metropolitano e regionale;
  4. ruolo del commercio nel recupero e riqualificazione urbana.

Chi sostiene che la responsabilità della crisi dei negozi tradizionali è delle grandi strutture sbaglia o non conosce il settore, bisogna dire con coraggio che la situazione attuale è in buona parte effetto della crisi (affitti, aumento costi,ecc.) e del calo dei consumi, della inefficienza arretratezza di una parte della rete che non corrisponde più alle esigenze dei consumatori. La crisi ha solo accelerato una tendenza già in atto.

In conclusione ribadiamo che insieme alle altre rappresentanze della GDO ci opporremmo in tutte le sedi e con tutta la nostra forza a strumenti di pianificazioni illiberali ed inutili.

Chiediamo al Sindaco di convocare urgentemente un tavolo fra le organizzazioni maggiormente rappresentative del commercio e Roma e firmatarie dei contratti nazionali insieme alle organizzazioni sindacali onde affrontare in maniera approfondita ed in tempi rapidi il lavoro avviato dall’Assessore Bordoni.

Roma, 17 maggio 2012