LE COOPERATIVE SOCIALI DI TIPO B SONO IMPRESE E NON POSSONO SOSTITUIRSI ALLE ISTITUZIONI

Di seguito la nota di Legacoopsociali Lazio, relativamente alla vicenda della Cooperativa aCapo e del licenziamento collettivo avvenuto nel 2019:
Le Cooperative sociali, comprese quelle di tipo B che perseguono come finalità l’inserimento lavorativo di persone svantaggiate, sono regolamentate dalla Legge 8 novembre 1991, n. 381.
Si tratta di imprese, a tutti gli effetti, che “hanno lo scopo di perseguire l’interesse generale della comunità alla promozione umana e all’integrazione sociale dei cittadini attraverso: a) la gestione di servizi socio-sanitari ed educativi; b) lo svolgimento di attività diverse – agricole, industriali, commerciali o di servizi – finalizzate all’inserimento lavorativo di persone svantaggiate”.
Le Cooperative sociali di tipo B, nello specifico, sono quindi nate per offrire occasioni lavorative a chi, per ragioni legate a disabilità o particolari percorsi di vita, si trova in una situazione di difficile occupabilità. In qualità di imprese non possono quindi sostituirsi alle Istituzioni, in percorsi di accompagnamento e supporto che vadano oltre gli aspetti legati strettamente al lavoro.
È su questo equivoco che si basano le recenti polemiche scaturite intorno al licenziamento dei 13 lavoratori, a fine 2019, da parte della Cooperativa sociale aCapo di Roma. La Cooperativa, a seguito della perdita di ingenti commesse come quella del Recup della Regione Lazio (per circa l’80% del portafoglio clienti), si era infatti trovata costretta ad attivare le procedure di licenziamento collettivo, che hanno coinvolto anche i 13 lavoratori oggi al centro del dibattito.
Si tratta di lavoratori particolarmente fragili per cui la Cooperativa, stante proprio la loro difficile futura occupabilità dettata da gravissime forme patologiche, aveva ripetutamente chiesto alla Regione Lazio – con il supporto di Legacoopsociali Lazio, Forum Terzo Settore Lazio e la Consulta cittadina permanente sui problemi delle persone handicappate di Roma Capitale – di individuare possibili strade alternative per scongiurarne il licenziamento.
Lasciata sola dalle Istituzioni, la Cooperativa aveva quindi dovuto prendere dolorose decisioni relative ai tagli del personale, con lo scopo di ridurre i costi e provare a tutelare il lavoro dei restanti soci e la continuità aziendale.
Infatti, come dichiarato dalla stessa aCapo “Per assicurare la continuità della Cooperativa è stato necessario un drammatico e doloroso ridimensionamento di tutta la struttura organizzativa con il licenziamento collettivo di 140 persone sia normodotate che con disabilità, oltre a 32 lavoratori fragili. Questo secondo gruppo di ex soci, di cui fa parte anche Arianna, costituiva un’area di persone delle quali la Cooperativa si è fatta carico per oltre 6 anni autofinanziando attività laboratoriali, supervisionate da due psicologhe messe a disposizione dalla Cooperativa stessa.
La vertenza sul licenziamento è attualmente al vaglio del Tribunale di Roma che, recentemente, ha rimandato la prossima udienza all’inizio del 2022. Da qui l’improvvisa risonanza mediatica che l’episodio ha assunto, nelle ultime settimane, con una narrazione sicuramente parziale ed efficacemente distorta.
Facendo leva sul dovuto riserbo che la Cooperativa aCapo ha mantenuto su vicende personali e di salute dei propri ex soci-lavoratori, si sta costruendo un racconto mediatico finalizzato a mettere in cattiva luce uno strumento fondamentale per tanti soggetti di fatto esclusi dal mercato del lavoro.
Strumentalizzando quanto accaduto ad Arianna “licenziata mentre era in coma” e ai suoi 12 colleghi, si tenta di attaccare il modello delle Cooperative sociali di tipo B e la loro funzione di reinserimento lavorativo, caricando questa espressione di risvolti assistenzialistici inopportuni e sintomo di una totale ignoranza sull’argomento.
Si è arrivati addirittura a suggerire che la Cooperativa, se era davvero in difficoltà, avrebbe dovuto dichiarare fallimento nel 2019, invece di accogliere con favore il lavoro compiuto dagli amministratori per garantire la ripresa delle attività e il progressivo ammortizzamento delle perdite economiche.
In un momento di drammatica crisi economica ed occupazionale, senza voler entrare nel merito dei fatti e attraverso considerazioni superficiali basate puramente su “narrazioni mediatiche”, si minacciano iniziative volte a porre in cattiva luce la Cooperativa e minare la sua reputazione, mettendo di fatto a repentaglio il lavoro di tanti altri soci svantaggiati.
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