Spending review e sanità: intervista a Paola Menetti

Riportiamo un’intervista di Paola Menetti, Presidente di LegacoopSociali, pubblicata ieri sul

Corriere Nazionale

, sui tagli alla sanità.

Spending review e sanità, mantenete il diritto alla salute

La presidente di Legacoopsociali invita a una riflessione sui tagli al settore sanitario

“Per il diritto alla Salute: colpire gli sprechi, spendere meglio ma fermare i tagli.” Questo il titolo dell’appello lanciato una decina di giorni fa dalle organizzazioni del terzo settore, preoccupate per il decreto sulla spending review delineato dal Governo. Per approfondire l’argomento abbiamo rivolto qualche domanda a Paola Menetti, Presidente di Legacoopsociali e firmataria anch’essa dell’appello.

Dott.ssa Menetti, quale il giudizio di Legacoopsociali sul decreto spending review?

Abbiamo delle preoccupazioni che riguardano, innanzitutto, alcuni dei servizi fondamentali che lo Stato rende ai cittadini e che, non va dimenticato, rispondono a diritti riconosciuti dalla Costituzione, in primis il diritto alla salute. Ora, siamo consapevoli dell’importanza di politiche volte ad affrontare le aree di spreco, e in questo Paese senza dubbio ve ne sono anche in sanità: ci preoccupa però che si parli di revisione della spesa quando in realtà si fanno solo delle ipotesi di riduzione della spesa uguali per tutti e che non tengono conto delle specifiche realtà. Delle ipotesi, quindi, che di fatto si limitano a ridurre seccamente la possibilità di erogare servizi ai cittadini. Il tutto in una situazione che ha già diversi problemi, perché è noto come il servizio sanitario italiano, in alcune Regioni del Paese, non sia adeguato agli standard di risposta a un diritto fondamentale. Detto questo, ci sono poi altri elementi più specifici contenuti nel decreto e che preoccupano..

Per esempio?

Uno degli elementi messi sotto esame riguarda la spesa per l’acquisizione di beni e servizi da parte delle pubbliche amministrazioni: rispetto a questo si fa un’ipotesi di riduzione dei corrispettivi economici intorno al 5%. Noi non dubitiamo che esistano dei settori in cui sia possibile andare a ridurre la spesa, tanto più che questo è un Paese in cui nel rapporto fra pubblico e fornitori privati ci sono stati e ci sono innumerevoli casi di rendite di posizione clientelari e corruzione. L’esperienza ci ha però insegnato che procedendo in questo modo, alla fine, il rischio è quello di colpire soprattutto i soggetti più trasparenti, e certamente la cooperazione sociale è fra questi. Come soggetti del terzo settore, inoltre, ci preoccupa anche che il decreto preveda l’eliminazione di una quantità di importanti strumenti di partecipazione, osservatori e consulte.

Dove e come agire per attuare una “ buona” revisione della spesa sanitaria?

Sarebbero necessari degli interventi più mirati. Per fare questo, naturalmente, bisogna che ciascuno sia disposto a mettere in gioco i suoi status quo. Perché se la logica è “entriamo nel merito però il mio non lo toccate”, è del tutto evidente che non si va da nessuna parte. Noi siamo disponibili a mettere in gioco le cose che facciamo, però ci vuole responsabilità da parte di tutti. E, cosa decisiva, ci vuole una chiara volontà politica: le risorse per garantire il diritto costituzionale alla salute devono essere trovate. Non siamo disponibili a considerare accettabile l’idea che a pagare il conto della crisi siano sempre e solo i più deboli.

Concretamente, cosa si potrebbe fare?

Stiamo parlando di questioni complicate e per le quali nessuno ha delle ricette magiche. Premesso questo, oltre che a intervenire sugli sprechi si possono fare altre cose. Innanzitutto sarebbe importante definire i famosi livelli essenziali: quali sono le prestazioni che in una fase di crisi come quella che stiamo vivendo il nostro Paese è in grado di erogare, e che non può non finanziare con la fiscalità generale. Da questo punto di vista, ovviamente, c’è un tema di riduzione dell’evasione fiscale che non può non essere affrontato. Secondo, per rendere più efficiente la spesa bisognerebbe partire dalla realtà dei singoli territori, esaminando le specifiche situazioni servizio per servizio e cercando di capire come ciascuna di esse possa essere adeguata in modo da recuperare efficienza. Terzo, è sullo sviluppo di un’asse di integrazione vera tra sociale e sanitario che potrebbero essere recuperate importanti risorse. Oggi i grandi problemi sono quelli della non autosufficienza, delle cronicità, delle cure a lungo termine: tutte questioni che non si risolvono solo con l’ospedale ma che hanno invece bisogno di un’attenta articolazione dei servizi sul territorio, in un’integrazione fra risposta sociale e sanitaria.

(Andrea Passoni)