TUTELA AMBIENTALE E OCCUPAZIONALE: QUALE POSSIBILE FUTURO PER LA CENTRALE DI CIVITAVECCHIA?

Nel 2025 la centrale a carbone Enel di Torrevaldaliga Nord, nel Comune di Civitavecchia, cesserà la propria attività. Questo l’annuncio più volte ripetuto dai rappresentanti politici locali e dallo stesso Ministro dell’Ambiente, a partire dalla fine del 2018.
La notizia della chiusura era stata accolta con entusiasmo dalle associazioni ambientaliste e dai cittadini, che avevano più volte denunciato gli elevati livelli di inquinamento e delle emissioni dell’impianto. Le prime preoccupazioni erano invece giunte dalle parti sociali per la tenuta occupazionale dei dipendenti Enel che, tuttavia, poteva essere gestita con un orizzonte temporale di almeno 6 anni prima della cosiddetta deadline.
I rapidi sviluppi degli ultimi mesi hanno però generato una situazione ben peggiore di quella prevista a fine 2018, con ricadute occupazionali che stanno già coinvolgendo anche i numerosi lavoratori dell’indotto di Torrevaldaliga Nord.
Nel primo semestre del 2019, infatti, i livelli di produzione ed immissione di energia elettrica della centrale sembrano attestarsi su una riduzione piuttosto consistente rispetto alle precedenti annualità, determinando l’immediata riduzione delle ore lavorative per i dipendenti Enel e per quelli dell’indotto. Di fatto, la “fuoriuscita dal carbone” sta già avvenendo in anticipo rispetto alla deadline del 2025, motivata con ragioni di maggior costo finale dell’energia e quindi con consistenti minori possibilità di vendita della stessa sul mercato elettrico.
A testimoniare lo stato di agitazione per la precaria situazione dei lavoratori coinvolti, i numerosi scioperi indetti dai sindacati nei mesi di maggio e giugno, accompagnati dai tavoli istituiti presso il Comune di Civitavecchia, la Regione Lazio e i Ministeri competenti.
In questo contesto, ove si sta conclamando l’utilizzo di strumenti di integrazione salariale (CIG) ma anche il più drastico ricorso a licenziamenti collettivi, non potrà incidere neanche l’introduzione della clausola sociale negli appalti. Quello che sta venendo a mancare, infatti, è proprio il lavoro generato dalla centrale anche attraverso il suo indotto.
Dopo la predisposizione da parte di Enel di un piano preliminare per la riconversione a gas della centrale, ad oggi non è ben chiaro quale sarà il suo futuro e se esiste veramente la volontà di riconvertire l’impianto ad altro uso. Resterebbero meno di 6 anni per mettere in piedi un progetto valido, a salvaguardia dell’attuale stato occupazionale, anche in un’ottica di tutela ambientale e di salute dei cittadini.
Nel frattempo, a pagare il prezzo della riconversione di un intero sistema produttivo non dovranno essere i lavoratori. Per questo Legacoop Lazio si rende disponibile a partecipare con un ruolo attivo ai tavoli indetti a livello locale, regionale e nazionale: è necessario cogliere questa occasione per un rilancio congiunto e programmato dell’intera economia dell’area, creando basi diverse e più sostenibili dal punto di vista ambientale e tutelando il lavoro di un intero territorio.

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