TERRE PUBBLICHE INUTILIZZATE A ROMA: “FACCIAMOLE RINASCERE CON L’AGRICOLTURA SOCIALE”

“Ribaltare il punto di vista e trasformare lo svantaggio in fatica”. Perché il sudore e il contatto con la terra offra la possibilità di creare un contesto in cui si annulli la percezione dello svantaggio. “Il lavoro all’aria aperta, che sia agricolo o di manutenzione del verde, oltre ad avere per natura un effetto benefico sulla psiche (per chiunque!) offre contesti sociali e ambienti lavorativi che ben si prestano a questo tipo di visione”. E’ così che la presidente Ilenia Marangon spiega l’intuizione pionieristica dei fondatori della cooperativa Il Trattore.

E’ il 1980, un’epoca storica senza possibilità di replica. Un gruppo di obiettori di coscienza e di genitori di ragazzi con problemi psichiatrici occupa le terre pubbliche inutilizzate con l’obiettivo di dedicarle al biologico. Ma la loro idea di sostenibilità va oltre la cura dell’ambiente: hanno in testa un progetto di integrazione, autonomia, dignità lavorativa e sociale che ancora oggi si distingue come esempio di politiche attive del lavoro nella Capitale. Dal 1985 ad oggi la sede si trova in concessione in uno spazio a vocazione sociale nel cuore della riserva naturale della Valle dei Casali a Roma. E’ lì che il miracolo continua. Miracolo perché sfuggire alla lunga crisi economica che ha colpito cooperative con una mission così ambiziosa e un equilibrio così delicato è stato più difficile che sopravvivere agli scossoni della pandemia, della guerra russo-ucraina, dell’inflazione e dei rincari. Indispensabile, però, per partire, l’occupazione dei terreni agricoli: un’azione che ha riguardato diverse cooperative che hanno così strappato all’inutilizzo ma anche alla cementificazione selvaggia quei beni pubblici e li hanno resi benedetti per tante famiglie e tante persone vulnerabili.

 

Oggi si torna a parlare di valorizzare le terre pubbliche abbandonate a Roma e durante la Conferenza cittadina sull’agricoltura del Comune si è annunciato un bando. Quali sono le aspettative?

Roma è uno tra i più grandi comuni agricoli europei (se non il più grande secondo alcune stime). Le potenzialità per sviluppare progetti di agricoltura urbana sostenibile sono evidenti partendo dal fatto che questi terreni potrebbero essere considerati “beni comuni”, e quindi la popolazione tutta si assume la responsabilità della cura di questo bene, pubblico o privato che sia, in un percorso di valorizzazione, responsabilità, riuso e rigenerazione il cui arricchimento riguarda tutti. In questa ottica possiamo inquadrare le terre pubbliche a uso agricolo del territorio romano, sviluppando un progetto di agricoltura sociale che miri a valorizzare il territorio e le comunità che lo animano, recuperando il cibo come valore e non relegandolo al ruolo di merce, riconnettendo le persone con la terra e tra di loro, incrementando così l’economia circolare solidale a discapito dell’economia basata solo sul profitto (di pochi a discapito di molti) che aumenta la ricchezza solo in modo apparente, settoriale, spostando di fatto il problema reale, la povertà sociale economica e ambientale, un po’ più in là, sia temporalmente sia in termini di spazio. Ci aspettiamo che il bando o i percorsi di affidamento abbiano come (obiettivo? Fondamenta? Cuore? Faro?) proprio questo: l’affidamento di un bene comune per una agricoltura sociale, sostenibile e rigenerativa.

Il principio di sussidiarietà e il sostegno del Comune di Roma è importante per realtà come la vostra. Cosa si potrebbe fare di più?

Il sostegno di cui abbiamo bisogno non è di tipo assistenziale ma di opportunità, gli strumenti legislativi ci sono già, servirebbe solo un po’ di coraggio per la loro applicazione. A tutti i livelli, dalle norme europee a quelle nazionali, regionali e locali ci sono indicazioni precise per un orientamento della spesa pubblica con delle quote espressamente dedicate alla sostenibilità sociale e ambientale

Si parla sempre di piú di sostenibilità ma che cos’è per Il Trattore?

Per definizione la sostenibilità è la capacità di soddisfare i propri bisogni senza intaccare la possibilità delle generazioni future (o da noi distanti in termini spaziali o sociali), di poter soddisfare le proprie senza consumare le risorse destinate agli altri. In campo sociale possiamo declinare questa definizione generale pensando a come il modello di sviluppo attuale consumi “risorse” creando profonde e ingiuste diseguaglianze sociali. Appare quindi evidente che non sia possibile scindere queste sfere e affrontare “una sostenibilità alla volta”. Un esempio semplice e vicino: l’agricoltura sociale e biologica rispettosa dei cicli naturali e nei confronti sia dei lavoratori sia del tessuto sociale che gravita intorno all’agricoltura e che offre cibo come valore e non solo come merce.

Uno dei problemi più urgenti sembrerebbe essere la mancanza di manodopera in agricoltura.

A noi sembra che per quanto riguarda la mancanza di manodopera qualificata si sia verificata più per assenza di politiche che offrano opportunità che per assenza di interesse soprattutto nei giovani, i quali dimostrano un crescente impegno nei confronti dell’agricoltura ostacolato da una burocrazia e una miopia politica che ne impediscono la realizzazione. Azzarderemmo a sottolineare per la nostra realtà un problema in più, oltre che una vocazione e connotazione agricole noi ne abbiamo una forte che è quella sociale e trovare persone che si impegnino su questi due fronti contemporaneamente non sempre è così semplice anche per i problemi citati.

Secondo lei perché non nascono più realtà come la cooperativa Il trattore a Roma?

Sarebbe da chiedersi forse cosa determina la loro chiusura che di fatto ha azzerato prospettive di sviluppo e garanzie di sopravvivenza. Per chi come noi ha resistito sono stati anni difficili e non privi di rinunce e difficoltà per garantire sia l’occupazione stabile a tutti i soci lavoratori sia il luogo di integrazione e sperimentazione conquistati. Di fatto però le condizioni esterne non permettono la nascita serena di realtà come la nostra proprio per il contesto particolare romano, in altre regioni la cooperazione sociale di tipo B è fiorente e supportata dalla comunità politica e civile.

Quali sfide pensa dovrà affrontare la sua cooperativa per il prossimo futuro e su cosa bisognerà lavorare duro?

Da un punto di vista interno sicuramente si devono potenziare le capacità di ripensare il nostro lavoro in termini progettuali e contemporaneamente stimolare la pubblica amministrazione a incentivare percorsi di co-programmazione e co-progettazione che siano in grado di valorizzare il ruolo sociale e la funzione pubblica delle realtà che praticano l’inserimento lavorativo.

 

Foto di PayPal.me/FelixMittermeier da Pixabay