NOI GUARDIE AI FUOCHI E SOMMOZZATORI DEL PORTO DI CIVITAVECCHIA

Intervengono per scongiurare gli incendi alla Centrale termoelettrica di Torrevaldaliga Nord e in tutto il porto di Civitavecchia ma salvano anche gli yacht dall’affondamento, controllano le petroliere, precedono l’intervento dei Vigili del fuoco e al loro arrivo si integrano nella squadra: sono le guardie ai fuochi e i sommozzatori della cooperativa Co.se.po. A parlarci del loro lavoro in questi anni difficili a causa della prossima chiusura della Centrale Enel e del ritardo nella costituzione del Parco eolico off-shore, è Roberto Ceccarelli, presidente della cooperativa.

Le guardie ai fuochi sono figure professionali poco conosciute e le cui competenze sono scarsamente note al grande pubblico: chi sono e cosa fanno?

Vengono da una scuola di formazione antincendio e operano in tutti i porti più importanti d’Italia, da Genova a Venezia, da Livorno a Civitavecchia, da Napoli a Ravenna, fino a Palermo e a tutti gli altri porti siciliani. Fanno parte del servizio integrativo portuale e il loro servizio è disciplinato dalle Ordinanze dell’Autorità marittima che obbliga la loro presenza in alcuni contesti come misura di prevenzione e gestione dei rischi. Sono infatti proprio queste figure professionali a intervenire subito, appena ci si accorge che vi è un incendio. In seguito, arrivano i vigili del fuoco: così, le guardie ai fuochi si mettono a disposizione della squadra e ne diventano parte integrata. Tra le loro mansioni, quella di assistere alle operazioni di bunkeraggio (ovvero di approvvigionamento delle navi), l’assistenza antincendio durante lo sbarco e l’imbarco delle merci e durante l’accosto per le operazioni di scarico delle navi petroliere, carboniere e ceneriere, etc…

Co.se.po ha al suo interno anche una squadra di sommozzatori: mi descrive anche il loro lavoro?

Fanno parte del gruppo sin dagli anni ’80. I nostri operatori tecnici subacquei sono tutti specializzati e iscritti nei registri delle locali Capitanerie di porto dove operano. Sono soggetti a controlli molto accurati anche sotto il profilo psicofisico perché trattandosi di un lavoro abbastanza pericoloso devono essere sempre al cento per cento. Facciamo controlli degli scafi delle navi, eseguiamo la pulizia delle eliche e provvediamo alla loro lucidatura che consiste nel togliere il calcare e le impurità, facendo acquisire così velocità alla nave. Poi noi costruiamo banchine, eseguiamo operazioni di saldatura sotto l’acqua…

...E alle volte siete anche coltivatori?

Sì, il lavoro del sommozzatore può andare dal semplice recupero di un cellulare caduto in mare fino alla coltivazione di poseidonia. Ci è capitato spesso qui a Civitavecchia di togliere questa pianta che funge da polmone per il mare perché ne ossigena le acque e di trapiantarla a Santa Marinella o altrove per preservarla, soprattutto quando è stato dragato un grande fondale per costruire la Centrale dell’Enel. E’ un lavoro davvero molto bello.

Mi racconta dei casi di intervento durante i quali la vostra cooperativa ha dato un contributo determinante?

Ultimamente c’è stato un incendio sullo scaricatore di carbone della Centrale Enel della Torrevaldaliga Nord di Civitavecchia. Probabilmente a causarlo è stata l’autocombustione. Avendo una squadra sempre pronta sul pontile dove ormeggia la carboniera, siamo intervenuti immediatamente. I Vigili sono arrivati dopo un po’ e abbiamo provveduto insieme allo spegnimento. Grazie alla nostra presenza, abbiamo scongiurato danni peggiori. Un paio di settimane fa, poi, c’è stata una operazione di salvataggio di uno yacht nella Darsena romana di Civitavecchia. Lo yacht ha avuto una falla: la valvola non ha funzionato bene e stava affondando. Si tratta di una barca d’epoca di straordinaria bellezza, tutta in legno. La nostra squadra era nei paraggi e siamo intervenuti subito: abbiamo cercato di spegnere subito l’incendio ma il problema principale era la falla. Temevamo affondasse. Aveva iniziato a imbarcare acqua e così con un sommozzatore siamo andati a verificare lo stato della falla e abbiamo messo un “tappo” in legno per fermarla. E’ così che abbiamo scongiurato l’affondamento di questo yacht. Diversamente, le conseguenze sarebbero state disastrose, anche perché si trovava all’interno della darsena romana, la parte più interna e antica del Porto di Civitavecchia. E poi questa estate c’è stato un marsigliese che stava cercando approdo per la notte ma è finito su una secca: ha spaccato tutta la barca, si è arenato e aveva a bordo 250 litri di gasolio pericolosissimi in termini di inquinamento dei mari. Per fortuna abbiamo tappato subito le falle e abbiamo impedito al carburante di finire in mare.

E’ capitato di rischiare la vita?

Talvolta ma parecchi anni fa. Quando c’era ancora la Darsena Petroli che ora non c’è più (un tempo i prodotti petroliferi venivano spostati tutti sulla torre petrolifera, in una zona oggi usata invece per le navi traghetto).

La presenza della Centrale a Civitavecchia: quali sono le due facce della medaglia?

Bisogna capire che un buon 60% delle entrate è dovuta alla sua presenza. Facciamo prevenzione antincendio e siamo in servizio laddove ci sono le carboniere o le ceneriere. Per noi è una fonte di lavoro. Noi sappiamo benissimo che i carboni inquinano, anche se sono convinto che forse inquini meno la Centrale rispetto alle navi che stanno in porto e bruciano olio combustibile, buttando dai fumaioli ceneri dannose per l’ambiente e per gli esseri umani. Certo, i paesi vicino Civitavecchia ne risentono parecchio perché i fumi di una ciminiera alta 250 metri vanno in alto e alla lunga poi ricadono sul territorio e inquinano, arrivando fino a Santa Marinella, Tolfa, Tarquinia. Tuttavia, la centrale offre lavoro a tantissime persone, a tanti gruppi e tante cooperative: l’indotto è enorme e mancando il lavoro alla centrale andrebbero a casa parecchie persone. Questo è un problema molto sentito.

La data di chiusura è stata spostata al 31 dicembre 2024.

Sì, con la guerra in Ucraina, le Centrali di Civitavecchia e di Brindisi hanno dovuto iniziare a lavorare come non mai per supplire alla carenza di energia che siamo soliti acquistare all’estero. Il punto è che l’Enel garantisce qui tanti posti di lavoro. Quando la centrale chiuderà, la metà del personale dovrà andare a casa.

La prospettiva è un parco eolico off-shore, però.

Se la centrale chiude prima che il parco sia pronto, sarà comunque inevitabile la perdita di posti di lavoro. E intanto ci sono già tagli agli equipaggi e agli stipendi. L’indotto dell’Enel è una cosa enorme: a Civitavecchia danneggerebbe tantissime famiglie. E’ evidente che in previsione della chiusura, si sarebbe già dovuto da diverso tempo lavorare al parco off-shore per dare una alternativa al territorio. E invece nel processo di transizione purtroppo tanti lavoratori pagheranno il prezzo di questi ritardi. Bisognerebbe pensare a una produzione alternativa: ad oggi non c’è niente. Chi opera sugli scaricatori di carbone è in allarme: stanno facendo uno sciopero dopo l’altro e non vedono alternative e temono che presto saranno senza lavoro.