TRA FONDI E SPERLONGA, PER “LA FLACCA” 15MILA TONNELLATE DI ORTOFRUTTA E 25 MLN DI FATTURATO SULLA SS 213

Quindicimila tonnellate di prodotti commercializzati all’anno, venticinque milioni di euro di fatturato per cento ettari di terreno e 80 occupati. Il numero fortunato, però, rimane il 213, che dà il nome alla statale che oggi tutti conoscono come La Flacca.
Inaugurata nel 1958 sul tracciato dell’antica via romana voluta dal censore Lucio Valerio Flacco per favorire comunicazioni, turismo ed economia locale, ha portato in epoca antica come in quella moderna alla crescita di una agricoltura dinamica, oggi di eccellenza, nella zona costiera tra Fondi e Sperlonga. Per questo nel 1972 i soci della neocostituita cooperativa di agricoltori della zona, unitisi per avere un maggior peso commerciale, hanno scelto proprio il nome La Flacca per onorare questo legame tra passato e presente. Un vincolo che ancora oggi è tenuto insieme da una stessa visione di sviluppo: quella che unisce turismo, cultura e agricoltura, per valorizzare le comunità che dalle attuali città di Fondi e Sperlonga animano i territori fino a Gaeta.

“Già in epoca antica erano sorte nella zona numerose aziende rurali che si dedicavano all’agricoltura oltre a case di villeggiatura, a conferma dell’inequivocabile vocazione agricolo-turistica della zona, della quale si conservano ancora oggi testimonianze, tra le quali Villa Prato (II sec. a.C.), che si trova proprio a Sperlonga, l’esempio meglio conservato di quella che all’epoca era considerabile come una fattoria agricola” ci racconta in questa intervista Leone D’onofrio, presidente della cooperativa La Flacca. Certo, il Lazio non è oggi forse sempre all’altezza delle politiche lungimiranti degli antichi romani ma di recente si è di nuovo compresa l’importanza di costruire una filiera che unisca turismo, cultura e agricoltura. “Difettiamo in logistica, in viabilità, ed anche in formazione e coesione. Oggi non riusciamo a sentire le Istituzioni abbastanza vicine” spiega D’Onofrio. Ma grazie ai fondi del Piano di sviluppo rurale (PSR), la cooperativa ha inaugurato da pochi mesi un nuovo e moderno opificio. “Stiamo anche cercando di collaborare con chi si occupa di turismo per far conoscere i nostri prodotti ai turisti che affollano le nostre località nella stagione estiva – commenta il presidente-. E per questo abbiamo aderito al consorzio Sperlonga Turismo” dice. E così per i prodotti della cooperativa si apre una nuova fase di promozione e riscoperta di una serie infinita di varietà: sedano bianco tipico della zona, ma anche agretti, basilico, fagioli borlotti e corallo, lattuga trocadero, romana, gentilina e canasta, melanzana globosa, lunga, striata, viola, e poi pomodoro ciliegino, datterino, rosso a grappolo, piccadilly, oblungo verde, tondo liscio e costoluto, peperoni, ravanello, zucchina bianca, romanesca, verde e tonda. Nelle terre calde e inondate dal sole della zona turistica più bella della costa tirrenica del Lazio l’ortofrutta cresce dal dopoguerra ad oggi sempre più rigogliosa.

Presidente, come sarebbero oggi i territori di Sperlonga e Fondi se questa cooperativa non fosse esistita?

Sicuramente la nostra cooperativa ha contribuito allo sviluppo del territorio, soprattutto nell’area agricola sita tra Sperlonga e la parte confinante con Fondi. Riusciamo ad avvalerci, nei periodi più impegnativi, fino a cento lavoratori e, quindi, penso che in nostra assenza il territorio avrebbe avuto minori opportunità di lavoro e di conseguenza di sviluppo.

Cos’è la sostenibilità per La Flacca?

Abbiamo già avviato un processo produttivo per rendere l’azienda più sostenibile, in particolare ci siamo dotati di due impianti per il fotovoltaico per una potenza complessiva di 190 kw che soddisfano in buona parte il nostro fabbisogno energetico ed ultimamente abbiamo assunto due agronomi per creare una rete capillare di controllo sulla salubrità dei prodotti da seguire fin dai trapianti e per fornire assistenza ai soci produttori.

Qual è il senso del continuare a scegliere la forma cooperativa ancora oggi?

Il senso di riunirsi in cooperativa è oggi più attuale e necessario che mai, in un mercato globalizzato in cui si è sempre troppo piccoli per competere con altre realtà e dove è quasi impossibile soddisfare singolarmente le richieste dei gruppi della grande distribuzione organizzata.

Qual è il rapporto con la GDO?

E’ prima di tutto obbligato, considerato che ormai il 70% dell’ortofrutta consumata viene venduta nei supermercati. In questa ottica lavoriamo per avere con essa rapporti di fiducia e trasparenza.

Chi e cosa è rimasto oggi di quei soci fondatori che hanno dato vita all’impresa?

Purtroppo solo due sono in vita ma di tutti loro sopravvive l’insegnamento volto a incoraggiare a credere nella cooperazione, ad affrontare i problemi e le crisi tutti insieme e a guardare al futuro con ottimismo, oltre all’affetto che ci legherà per sempre.

Qual è la storia che la lega a questa cooperativa?

Era già socio mio padre e mi è sembrato naturale iscrivermi quando ho cominciato la mia attività agricola in proprio. Quindi l’intreccio è stato spontaneo e costante. Ha riguardato quasi tutti i giorni della mia attività, attraversando periodi belli e altri meno ma sono contento di aver fatto parte di questo mondo.

I giovani e l’agricoltura, il problema dell’inter-generazionalità delle imprese: chi farà continuare la storia di questa cooperativa nel tempo?

E qui veniamo alla nota dolente: il problema dei giovani che non scelgono l’agricoltura come occupazione è grave, soprattutto nelle famiglie che sono già dedite all’agricoltura. Noi come cooperativa non facciamo eccezione ed infatti l’età media dei nostri soci comincia ad essere abbastanza elevata. Tuttavia, registriamo negli ultimi anni qualche timido segnale di cambiamento con l’entrata nella compagine sociale di alcuni giovani.